Viaggio studio nel territorio Pavese: reportage illustrato

Perchè un viaggio nel territorio Pavese

Dal 7 al 9 Maggio un folto gruppo di enoteche Vinarius sono partite per un viaggio studio nel territorio Pavese, una delle iniziative messe in campo dopo l’assegnazione del Premio al Territorio Vinarius 2023, avvenuta nel gennaio di quest’anno. 

Ogni due anni Vinarius seleziona un territorio italiano in cui è presente una spiccata vocazione vitivinicola, un rilevante paniere agroalimentare, ma anche una grande attenzione nei confronti delle tematiche legate alla sostenibilità ambientale, alla valorizzazione delle tradizioni, della storia e all’accoglienza enoturistica. 

Il viaggio studio che segue il premio è sempre la cornice per assegnare il riconoscimento al territorio, scegliendo alcune personalità di spicco che ben lo rappresentano, sottolineando anche il loro lavoro di valorizzazione. 

Nel Territorio Pavese, sono stati premiati: Giovanni Ricciardella, giovane chef ambasciatore del territorio, Gioachino Palestro, il “maestro” dell’oca, e Mario Maffi, storico enologo. Le motivazioni integrali dei premi e le foto della serata di gala sono disponibili qui.

Pavia e la Lomellina

A raccontarvi il viaggio studio di Vinarius tra risaie e castelli ci sono io: Silvia Benedet in arte silviabes, con le mie parole, fotografie e disegni. Buon viaggio!

 

Rispetto ad un “normale” Stage Vinarius, il viaggio studio ha uno sguardo un po’ più ampio, che dal vino spazia alla gastronomia, al turismo, al territorio a 360°. Per questo ad accoglierci a Pavia, nostro punto di partenza, abbiamo incontrato Pierluigi, guida turistica locale, che ha iniziato la visita proprio dal centro storico del capoluogo. 

Abbiamo visitato il centro di Pavia (che conserva il tipico impianto urbanistico di una città romana) a piedi, apprezzandone la sobria eleganza, percorrendo le vie storiche tra il castello visconteo e le sponde del Ticino, visitando l’antica Università e la chiesa romanica di San Michele Maggiore, alzando lo sguardo verso le tante torri. 

Dopo la passeggiata urbana ci siamo avviati verso le strade della Lomellina, e pian piano la città ha fatto spazio a una campagna dagli ampi orizzonti, intervallata da canali e cascine. Una breve pausa a Vigevano, il tempo di scattare qualche foto ad una piazza tanto curata da sembrare un salotto e all’imponente castello Sforzesco. 

Poi di nuovo, ad esplorare la campagna. Potevamo scorgere aironi e ibis nascondersi tra i pioppi, e pian piano siamo riusciti ad avvistare qualche risaia piena d’acqua. Lungo ogni argine, il rosso acceso e sfrontato di migliaia di papaveri. Non si può dire che siano paesaggi particolarmente pittoreschi, ma di certo hanno un loro fascino, discreto ed operoso, che conserva ancora in parte intatta la sua storia e personalità, così ben descritte nelle parole di Cesare Angelini in “Questa Lomellina”, di cui riportiamo un passo:

“Qualche manuale scolastico ha chiamato la Lomellina giardino d’Italia. Si tratta di un errore si stampa; certo voleva dire granaio. La parola giardino è la meno pertinente a questa terra onesta e seria, feriale e lontana da profumerie rivierasche. Qui la terra è bella proprio perchè si prende in considerazione come terra, fangosa e fermentante, da vangare, concimare, seminare; Terra come l’ha fatta Iddio e come ‘hanno modificata, più tardi, i frati di San Bernardo, agricoltori per vocazione celeste. Qui i pioppi sono veri pioppi, che, nelle loro interminabili file, mentre aiutano la varietà dei scenari sull’aperta pianura, alimentano l’aerea rissa dei venti; e le gabbe sono vere gabbe che, persuase dalla loro funzione pratica d’offrir salici da legar fascine per la siepe dell’orto, non cederebbero un palmo di terra a piante sognatrici. Chiamiamola, dunque, all’antica, granaio della regione per il ruolo economico acquisitosi coi sistemi d’una perfetta agricoltura rifornendo viveri e foraggi; specialmente quando la campagna era più abitata della città. Ma ancora oggi questa terra conserva profonde tracce del millenario travaglio degli uomini delle acque, e appare in ogni stagione, per dirla col Cattaneo, un immenso deposito di fatiche. In Lomellina, uno rinnova il gusto d’esser nato contadino. 

Qualcuno si è chiesto se in Lomellina è più ubertosa la terra o più tenace la volontà dell’uomo che la lavora. Sono cose che vanno avanti insieme.”

da “Questa mia bassa (e altre terre)”, Cesare Angelini

paesaggio Lomellina

Le eccellenze della gastronomia pavese

In una di quelle cascine che caratterizzano così bene il paesaggio, ci siamo fermati. Siamo a Mortara, patria del salame d’oca, e ci attende una visita guidata a Cascina Alberona, tenuta agricola che produce la più nota delle eccellenze locali: il riso. 

visita guidata sul Carnaroli

 

La visita all’azienda ci porta a conoscere i diversi passaggi della produzione del riso, di cui a Cascina Alberona si occupano direttamente, dalla semina alla commercializzazione. Grazie a dei modelli di macchine possiamo osservare da vicino alcuni processi, come la sbramatura e la sbiancatura. 

illustrazione produzione del riso

 

Il riso Carnaroli è considerato il fiore all’occhiello della produzione di riso locale, e per le sue proprietà organolettiche e resistenza alla cottura, è il re dei risotti. Grazie ad uno showcooking con degustazione, abbiamo potuto vedere e testare in diretta la qualità. 

Allo showcooking, in accompagnamento al Carnaroli, abbiamo potuto gustare l’asparago di Cilavegna, il fagiolo borlotto di Gambolò, la cipolla rossa di Breme (detta “la dolcissima”) e, naturalmente, l’oca!

Abbiamo gustato la carne d’oca in varie versioni, dai dadini di petto affumicato che insaporivano il risotto fino alla pressata di ciccioli d’oca, senza ovviamente dimenticare il salame d’oca, che qui gode anche di una IGP. 

Il salame d’oca di Mortara IGP è un prodotto insaccato in pelle d’oca e composto da carni d’oca tritate insieme ad alcuni tagli di maiale, sia parti magre (coppa o spalla) che parti grasse (pancetta o guanciale), e poi cotto. Contrariamente a quanto si può pensare, la parte di carne d’oca solitamente conta per circa un terzo del prodotto finale. Esiste anche il salame 100% d’oca, ed è chiamato “ecumenico” per il suo essere adatto alla mensa degli osservanti di tutte e tre le grandi religioni monoteiste: ebraica, islamica e cristiana. 

I vini dell’Oltrepò Pavese

Dulcis in fundo, dopo turismo e gastronomia, è finalmente toccato al principale fulcro del nostro interesse. Al castello di San Gaudenzio, con lo sfondo delle colline dell’Oltrepò, ci siamo dedicati a conoscere vini e produttori di questo territorio “a forma di grappolo d’uva”. 

Carlo Veronese, direttore del Consorzio di Tutela vini dell’Oltrepò Pavese, e l’enologo Mario Maffi, ci hanno accompagnato in una panoramica sulle tante espressioni di queste colline attraverso una masterclass con degustazione guidata di 10 vini, di 10 tipologie diverse. La grande varietà, che può essere vista come lato positivo o meno, è certamente una delle caratteristiche del territorio che più saltano all’occhio. 

Abbiamo degustato vini sia derivanti da vitigni autoctoni e rappresentativi della tradizione locale, come la Croatina, che vitigni internazionali presenti nel territorio da decenni, come il Riesling e il Pinot nero. Quest’ultimo in particolare ha trovato nell’Oltrepò Pavese un territorio in cui esprimere le sue grandi potenzialità e dove si sperimenta con entrambe le sue anime: la bollicina Metodo Classico e la vinificazione in rosso. Abbiamo apprezzato particolarmente la possibilità di approfondire e confrontare i risultati ottenuti dal Pinot nero nelle sue varie espressioni. 

illustrazione vini Oltrepò Pavese

L’approfondimento è continuato con una degustazione B2B in cui abbiamo avuto la possibilità di incontrare una quarantina di produttori dell’Oltrepò Pavese, ognuno con i propri vini. Gli assaggi e il confronto, per quanto breve, con i produttori ci hanno confermato il grande fermento in corso, specialmente tra le nuove generazioni, che stanno lavorando sulla qualità e cercando nuove affermazioni del territorio.

mastericlass sui vini dell'Oltrepò Pavese

Come è andata? Parola agli enotecari

I viaggi studio Vinarius puntano ad allargare lo sguardo sui territori al di là del vino, per coglierne lo spirito, gli abbinamenti, le radici storiche, le potenzialità turistiche e gli sviluppi futuri. Sono osservatori privilegiati, da cui i partecipanti portano sempre a casa qualcosa da condividere con la clientela delle loro enoteche.

Ringraziamo per l’organizzazione e l’accoglienza Paviasviluppo, agenzia speciale della Camera di Commercio di Pavia, specialmente Danilo, Hildegard e Roberta, il Consorzio di tutela vini dell’Oltrepò Pavese, e tutti i produttori partecipanti.

 

Ecco alcune delle riflessioni dei partecipanti sull’esperienza: 

Ottima esperienza per la riscoperta di un territorio che da tanti operatori  per troppo tempo è stato dimenticato. Un territorio che si è presentato a 360 gradi con arte cultura e agroalimentare come pochi in Italia. Apprezzatissimo il lavoro di  qualificare il pinot nero.  Forse la difficoltà maggiore è comunicare una così ampia varietà di produzioni agroalimentare di qualità“, Andrea, Enoteca La Barrique, Cantù

“Mi ha dato la possibilità di venire a conoscenza di aspetti poco noti, ma per me rilevanti, di una zona troppo spesso passata in sordina a livello regionale. Per esempio, che l’utilizzo dell’oca come materia prima per gli insaccati di Mortara si è rivelato uno strumento molto utile nel cercare di mettere d’accordo, almeno a tavola, le diverse esigenze delle principali religioni. Ed è risaputo che la socialità italiana è per lo più a tavola che trova il suo humus principale.

Anche la cura nella coltivazione del riso in Lomellina, l’unicità della cipolla di Breme e dell’asparago di Cilavegna, sono tra gli aspetti su cui il territorio punta per affrontare le sempre più specifiche richieste di eccellenza che il mercato moderno brama.

Il mondo del vino, invece, sconta ancora il prezzo di una storia recente di assistenzialismo che non ne ha incentivato ricerca e innovazione, tant’è che il substrato su cui si basa è ancora focalizzato prevalentemente sul mercato del vino da tavola, sbocco che mal si coniuga con la ricerca di quell’eccellenza capace di stimolare e trainare il territorio, come già successo in altre aree del nostro Paese. Nel corso della masterclass e del successivo panel di degustazione, si è notato però che le nuove generazioni siano in sofferenza con questa situazione e cerchino di affermare nuovi corsi e nuove idee. Che sia questa la scintilla capace di un reale e interconnesso rilancio qualitativo del territorio come sistema?” Davide, Cantine Isola, Milano

Ho avuto modo di conoscere un territorio vinicolo interessante. Dalle grandi potenzialità, con tanti vitigni che in questo territori si esprimono al meglio ma il Pinot Nero tra tutti, in questa zona è veramente qualcosa di particolare.” Carlo, Pollino Divino, Rotonda PZ

“È stato un bel viaggio, ho imparato tanto su un territorio che non avevo mai visitato e su dei vini che in passato non avevo conosciuto e apprezzato abbastanza. Tutti i momenti di formazione, sia dedicati al vino che ai prodotti gastronomici, sono stati interessanti. Un plauso al Consorzio e alla Camera di Commercio, che si sono veramente applicati tantissimo e ci hanno regalato dei giorni bellissimi.” Anton, Enoiteca dell‘orologiaio, San Candido BZ

 

territorio pavese illustrazione landmarks del territorio